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Gli spigoli del colore.
I visitatori della bella mostra che Padova dedica a Mengs (ci torneremo) hanno la possibilità di ammirare, al pianterreno di palazzo Zabarella, l'eccezionale virtuosismo del sassone nell'uso dei pastelli. II ritratto di suo padre, Ismael, prima della metà del XVIII sec., è sbalorditivo tanto quanto l'Autoritratto di un Anton Raphael dodicenne.
Mi sono tornati in mente quei volti e quel modo d'ottenerli osservando i "Ritratti" che Girolamo Dalla Guarda espone alla LibreriaGalleria "Due Ruote" sino al prossimo 18 marzo: ritratti che mostrano, con sin troppo scoperta evidenza, l'intervallo tra il composto, raffinato classicismo di metà Settecento e la stralunata, vigorosa, moderna sensibilità del tumultuoso artista di Isola Vicentina, che mi ha sempre colpito per l'autenticità, magari a volte brutale, della sua ricerca.
Queste opere su carta impiegano il gesso anziché la delicatissima consistenza del pastello: la conseguenza inevitabile di questa scelta, che non è solo tecnica, ma anche espressiva, è quella di trovarsi di fronte a un linguaggio deliberatamente più secco, più spigoloso, ancorché Dalla Guarda sia troppo esperto nell’uso dell'acquerello per portare alle estreme implicazioni la calcinata natura del gesso.
I volti dei suoi personaggi sono costruiti così da linee forti e sinuose ma anche da colori che, pur non ricercando in alcun modo la mimesi classica, non si respingono: è il colore dell'antica tradizione espressionista, una delle più importanti conquiste dell'arte del secolo scorso, che cerca di dare un ubi consistam, una solidità alle incertezze dell'oggi, al dubbio e al dramma, che si intuiscono sotto l'impercettibile spessore della carta.
L'allucinata figuratività di Dalla Guarda, senza difese nei confronti delle scaltrezze consolatrici del nostro mondo, trova anche in questi fogli una conferma: e una giustificazione al nostro vedere.

"il Giornale di Vicenza", 7 marzo 2001, Giuseppe Barbieri
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